La simulazione ad alta fedeltà nel Corso sulla depressione post-partum del CEFPAS: ne parliamo con una docente e tre discenti

Loredana Messina, psicologa e psicoterapeuta presso l’Ospedale Buccheri La Ferla di Palermo

Lo scorso 30 gennaio si è svolta al CEFPAS la prima edizione del Corso “Prevenzione alla depressione post-partum” che ha posto l’accento sulla possibilità di acquisire conoscenze e competenze specifiche per poter fornire l’aiuto più adeguato scevro da preconcetti, intervenendo sui molteplici aspetti della gravidanza e da quello che può generare. La novità dell’attività formativa è stata il ricorso alla simulazione negli scenari in cui si sono cimentati i corsisti tra medici, ostetrici, infermieri e psicologi che operano nei servizi interessati nel perinatale. Una dei docenti è stata Loredana Messina, psicologa e psicoterapeuta presso l’Ospedale Buccheri La Ferla di Palermo che abbiamo intervistato.

Cosa si intende con il termine “depressione post partum”?

La depressione peripartum è una malattia grave e debilitante, spesso ricorrente e associata ad alterata qualità della vita e a forti disagi. Colpisce tra l’8 e il 12% delle donne. Si parla di peripartum perché i primi sintomi possono già emergere, molto spesso, durante la gravidanza. È stata identificata come una delle principali cause di disabilità femminile in quella che è la fascia d’età compresa tra 15 e 44 anni. L’incidenza di nuovi casi di depressione nei primi mesi successivi alla nascita del bambino risulta tripla rispetto ad altri momenti di vita della donna. Nello specifico, numerosi studiosi concordano sulla definizione di depressione perinatale come condizione clinica comprendente episodi depressivi maggiori e minori che si possono presentare a partire dalla gravidanza fino ai 12 mesi successivi al parto.

Qual è la differenza tra baby blues e depressione post partum?

Il baby blues o maternity blues non va confuso con la depressione peripartum. Il primo, infatti, è una condizione fisiologica e può essere definito come l’insieme di sintomi psicologici e psicosomatici che le donne manifestano in maniera accentuata, ma non patologica nei primi 10-15 giorni dopo il parto. Il baby blues è una condizione transitoria che si risolve spontaneamente. La depressione peripartum è una condizione patologica che ha effetti a lungo e a breve termine sia sulla donna sia sul bambino e sullo sviluppo neurocomportamentale di quest’ultimo.

Qual è la sua opinione riguardo l’introduzione della simulazione in alta fedeltà nel corso organizzato dal CEFPAS?

Ritengo che sia fondamentale e utile effettuare dei corsi che diano la possibilità di sperimentare, attraverso la simulazione ad alta fedeltà, per far comprendere ai professionisti del settore, la specificità delle psicopatologie in ambito perinatale e soprattutto far capire che non ci si può improvvisare specialisti del perinatale, se non con una adeguata formazione. Ginecologi, psicoterapeuti, psicologi, psichiatri, ostetrici, infermieri, devono riflettere su quanto sia importante la collaborazione e il lavoro multidisciplinare, ma anche su quanto non possiamo lasciare nulla al caso in una prospettiva di salute pubblica. La gravidanza si pone come periodo ideale per individuare le donne sofferenti, per affrontare i problemi legati alla loro salute mentale e favorire l’ambiente migliore possibile per il figlio in arrivo.

Quali sono le novità delle linee guida, pubblicate a gennaio 2024, per la prevenzione, lo screening e il trattamento della depressione peripartum, prodotte dal Research Innovation and Sustainable Pan-European Network in Peripartum Depression Disorder (Riseup-PPD)?

Sulle linee guida, pubblicate a gennaio 2024, viene evidenziato come la gravidanza e il primo anno dopo il parto costituiscano una fase di grandi cambiamenti fisiologici, psicologici e sociali nella vita delle donne. È stato stimato che una su cinque sviluppi problemi di salute mentale nel periodo perinatale, in particolare depressione e ansia che sono i disturbi più frequenti. Viene anche evidenziato come la depressione può influire negativamente sulla salute della madre, sulla salute e lo sviluppo del feto o neonato prima e del bambino poi, e sulle relazioni familiari. Le linee guida hanno l’obiettivo di prevenire la depressione perinatale e offrire uno screening tempestivo seguito da un trattamento appropriato, indicando una vasta gamma di strategie cliniche, che includono tra l’altro terapie con farmaci e la stimolazione cerebrale non invasiva, interventi psicologici e psicosociali.

Sulla depressione post partum ha condotto uno screening su 1367 donne in gravidanza al Buccheri La Ferla tra novembre 2020 e dicembre 2021, ci può dire cosa è emerso dallo studio?

Nella ricerca condotta è emerso come la storia ostetrica influisca negativamente sulla salute mentale della donna e soprattutto ha fatto emergere che il vissuto delle donne non può essere trattato in maniera semplicistica, ma considerando la complessità sia del momento che della persona. Con donne che avevano storie ostetriche legate a pregresse morte endofetale, aborti tardivi e precoci, malformazioni fetale, trasfusioni feto fetali, la percentuale di positività allo screening passava dal 8-12% indicato in letteratura ad una percentuale del 21%. Questo ci fa comprendere come in questo tema l’improvvisazione non può avere spazio.

Quali sono, invece, gli obiettivi della ricerca condotta dall’Associazione Georgia di Palermo con le varie collaborazioni?

Con l’Associazione Georgia abbiamo tante collaborazioni in atto e stiamo conducendo tante ricerche e speriamo presto di pubblicarne i risultati.

Perché è fondamentale la multidisciplinarietà dei professionisti sanitari nel processo di gestione ed elaborazione del lutto perinatale e nella diminuzione dei fattori di rischio ad essi collegato?

La multidisciplinarietà è fondamentale perché ogni professionista, se specificamente formato, è in grado di osservare il pezzettino di sua competenza nella complessità del vissuto e della donna in gravidanza. Inoltre, ciò su cui stiamo lavorando è la creazione di procedure multidisciplinari in cui ogni figura dell’équipe diventa specifica, fondamentale e “alleata” dell’altro. Lavorare in un’équipe multidisciplinare è un meta-processo che include vari mondi e vari sistemi interconnessi tra di loro e che danno origine ad effetti. Lavorare insieme è un processo complesso che richiede lo sviluppo di relazioni tra gli individui e la condivisione di uno scopo. Tale scopo, quando si tratta di una donna in gravidanza, non può e non deve essere semplificato. 

Tra gli obiettivi specifici dell’attività formativa quello di fornire un’adeguata formazione al personale di cura; ridurre il rischio di ricorrenza a seguito di fattori di rischio; promuovere un processo di consapevolezza in merito alla gravità e ai rischi per la relazione madre-bambino; individuare precocemente fattori di rischio per l’insorgenza del disturbo e pervenire ad un preciso inquadramento diagnostico attraverso strumenti specifici; promuovere interventi di sostegno e di cura multidisciplinari al fine di ridurre l’incidenza e la gravità dei disturbi psichici in epoca perinatale, favorendo l’acquisizione di adeguate competenze genitoriali. Abbiamo intervistato tre discenti, appartenenti a tre diverse categorie professionali ossia psicologi, infermieri e ostetrici e abbiamo chiesto loro un’opinione sul corso: la psicologa Assunta Tolentino presso il Consultorio familiare di Favara dell’ASP di Agrigento, l’ostetrico Giuseppe Calabrese e l’infermiera Carmela Cercabene.

Intervista alla Psicologa Assunta Tolentino

Qual è la sua opinione riguardo al Corso “Prevenzione alla depressione post-partum” organizzato dal CEMEDIS, il Centro Mediterraneo di Simulazione in Medicina del CEFPAS?

Data la mia esperienza professionale svolta in un Consultorio familiare, in cui i corsi di accompagnamento alla nascita (CAN) e il sostegno psicologico alla genitorialità sono tra le attività principali di cui mi occupo, ho apprezzato particolarmente il corso sia per la cornice teorica puntuale e aggiornata, riguardo alla depressione peripartum, sia per le simulazioni pratiche su scenario. Mi ha piacevolmente sorpreso la competenza dei docenti e il confronto con il gruppo dei colleghi discenti che hanno permesso, nell’arco di una sola giornata formativa, di aggiornare le mie conoscenze e competenze sulla tematica.

Durante l’attività formativa si è fatto ricorso alla simulazione ad alta fedeltà per riprodurre gli scenari, crede che sia un valore aggiunto?

Ritengo che la simulazione ad alta fedeltà sia il punto di forza della formazione per adulti in generale e di quella sanitaria in particolare. Per quel che mi riguarda, aver preso parte ad uno degli scenari proposti durante il corso, (nella fattispecie un ambulatorio dedicato a donne con gravidanza a rischio) mi ha permesso di sperimentare in prima persona (testa, cuore e pancia!) quanto sia fondamentale condurre i colloqui con altre figure professionali, per individuare i fattori di rischio della depressione peripartum. Ciò che ho appreso durante lo scenario ossia la ricchezza della multidisciplinarietà ha cambiato un mio comportamento professionale: tornata nel mio contesto lavorativo ho infatti cambiato l’impostazione dei corsi di accompagnamento alla nascita che non condurrò più da sola, ma con le altre figure del Consultorio (assistente sociale, ginecologo, ostetrica).

Qual è il suo consiglio a una mamma che si trova ad affrontare una situazione così delicata?

La inviterei a rivolgersi al più presto a dei professionisti per valutare la sua particolare situazione da un punto di vista psicosociale e sanitario.

Il Corso è stato importante per fare chiarezza e individuare i segnali di una possibile depressione post partum già durante la gravidanza?

Il corso ha centrato un aspetto essenziale nella diagnosi differenziale dei disturbi dell’umore in gravidanza e cioè l’importanza di distinguere il “maternity blues” o “baby blues”, che sono condizioni in cui si manifestano in maniera transitoria e reversibile calo dell’umore e instabilità emotiva, dalla depressione peripartum che è una condizione clinica che risponde a dei precisi criteri diagnostici e che deve essere trattato con la psicoterapia e/o terapia farmacologica.

Intervista all’Ostetrico Giuseppe Calabrese

Qual è la sua opinione del Corso “Prevenzione alla depressione post-partum” organizzato dal CEMEDIS, il Centro Mediterraneo di Simulazione in Medicina del CEFPAS?

Finalmente si inizia a tenere in grande considerazione quello che, secondo me, è uno dei problemi che normalmente riscontro nelle donne che si presentano presso il Consultorio familiare per il denominato “Percorso Nascita” o attraverso il “Puerperio a domicilio” che da circa venti anni espleto nel Distretto dove lavoro. Reputo, quindi, pertinente e opportuna la scelta da parte del CEFPAS di affrontare la tematica in questione.

Cosa ne pensa della simulazione ad alta fedeltà a cui si è fatto ricorso durante l’attività formativa?

La definirei davvero una lodevole iniziativa; una metodica molto utile, in grado di far luce su scelte e sbagli, spesso commessi nel proprio ambito lavorativo. Proprio la correzione di tali errori, in realtà, penso possa rivelarsi l’avvio di un percorso che ritrovi nella piena assistenza di gravide e puerpere, mediante le migliori strategie, il suo più grande traguardo.

Il Corso è stato importante per fare chiarezza e individuare i segnali di una possibile depressione post partum già durante la gravidanza?

Notoriamente, si è portati a ritenere che variazioni d’umore, nella gravida, insorgono con maggiore frequenza dalla trentaduesima settimana di gestazione e poi si implementino nel dopo parto. In realtà, a seguito della mia esperienza personale, mi sono reso conto che l’insorgenza dei sintomi possa avvenire in un periodo antecedente, specie in quelle donne per le quali la gravidanza si sia rivelata un evento ardentemente desiderato e tutt’altro che semplice da raggiungere.

Nel caso si dovessero riscontrare casi di depressione post partum, già in gravidanza, cosa riterrebbe più opportuno fare in base alla sua specificità professionale?

Il lavoro in team è fondamentale! I professionisti della salute – psicologo, psichiatra, ginecologo, ostetrico e infermiere professionale – devono attivarsi e cooperare, secondo le proprie competenze. Occorre: accompagnare la donna al parto; fornirle il più adeguato supporto psicologico e, su suo consenso, invitarla a frequentare i Corsi di accompagnamento alla nascita, anche, e soprattutto, insieme al partner. In questi contesti, l’incontro con altre future mamme potrebbe rivelarsi molto utile sia in quanto luogo di confronto e condivisione sia per l’effetto catartico che da tale valido aiuto potrebbe scaturire.   

Intervista all’Infermiera Carmela Cercabene

Qual è la sua opinione del Corso “Prevenzione alla depressione post-partum” organizzato dal CEMEDIS, il Centro Mediterraneo di Simulazione in Medicina del CEFPAS?

Argomento alquanto importante per una patologia così significativa e rilevante, della vita di una donna, che la rende vulnerabile e colpisce il benessere psicosociale. Nonostante l’attenzione sia aumentata nel corso degli anni, esistono ancora barriere nella diagnosi. Le donne provano emozioni come tristezza, irritabilità e altro…al punto tale da non sentirsi giustificate nel chiedere aiuto, poiché la pressione sociale ti impone il contrario, essendo la gravidanza un evento gioioso. Credo fermamente che l’argomento che state trattando sia molto attuale e in crescita, non bisogna abbassare la guardia, proporre diverse edizioni, per sensibilizzare più persone e figure professionali.

La novità dell’attività formativa è stata il ricorso alla simulazione ad alta fedeltà per riprodurre gli scenari, come valuta questa esperienza?

Sicuramente l’apprendimento con la “simulazione ad alta fedeltà” in presenza è stata una scelta molto efficace. Questa modalità ha permesso di applicare tutte le conoscenze nel contesto pratico favorendo un’interazione reale e a prendere decisioni al momento. Essendo un luogo sicuro per la simulazione, si è potuto commettere l’errore, commentare e affinare le nostre competenze senza danneggiare alcuno e ricevendo un feedback immediato.

Nel suo percorso professionale, si è mai trovata ad affrontare un’emergenza simile?

In un corso di formazione la domanda finale, quella che ci facciamo tutti è “cosa mi rimane di quello che ho visto e sentito”, ma soprattutto ciò che conta davvero è come posso utilizzare nel lavoro e nella vita ciò che ho appreso. Poiché esso comporta un cambiamento sia comunicativo che di approccio, finalizzato ad avere effetti pratici e concreti con risultati positivi in futuro. Il corso è stato molto chiarificatore e importante, per poter fare analisi su noi stessi e migliorare la nostra performance nel lavoro e nella vita privata. Il problema della “Depressione Post Partum” è un evento che coinvolge tutto il nucleo familiare, non scordiamocelo.

In che modo affrontare un parto inaspettatamente problematico?

Laddove si dovesse presentare il problema, segnalerei il caso alle figure professionali specifiche, e continuerei a supportare la donna, lungo il suo percorso di elaborazione e guarigione   creando con l’assistita un feeling in ambito relazionale e di terapia. Esistono realtà dove c’è la figura dell’infermiere a domicilio, dove continua ad erogare, dopo la dimissione, con alto livello di professionalità un servizio dedicato ai neogenitori che sentono il bisogno di essere supportati e rassicurati dentro le mura di casa circa loro operato. Iniziativa da prendere come modello da imitare.

L’intervista è stata pubblicata dal Servizio Comunicazione del CEFPAS.

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